Rassegna Stampa 2015

Martedì 21 luglio l’Orchestra Giovanile Napolinova inaugura la diciottesima edizione dei “Concerti d’estate di Villa Guariglia in tour”

Sarà l’Orchestra Giovanile Napolinova, nata lo scorso novembre a Napoli e che conta nel suo organico i migliori strumentisti italiani scelti con apposite audizioni, ad inaugurare martedì 21 luglio, alle ore 20.30, nella cornice dell’Area Archeologica di Fratte la XVIII edizione dei “Concerti d’estate di Villa Guariglia in tour”, il festival organizzato dal Cta di Vietri sul Mare, nella persona di Antonia Willburger, in collaborazione con la Provincia di Salerno, il Comune di Salerno, l’Ept, la Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, il Comune di Cetara, il Comune di Praiano, la Coldiretti-Campagna Amica e l’Associazione Amici dei Concerti di Villa Guariglia. Si conferma anche quest’anno l’importante sodalizio con il Conservatorio Statale di Musica “G. Martucci” di Salernoche firma cinque concerti in cartellone. L’ Orchestra Giovanile Napolinova, diretta dal M° Mariano Patti, inaugurerà la serata con il Divertimento KV 136 che Wolfgang Amadeus Mozart compose nell’inverno salisburghese del 1772. Il contenuto musicale del Divertimento K. 136 rivela chiaramente il travaglio formativo attraversato da Mozart nell’età dell’adolescenza; il tipo di scrittura predominante nel brano è quello sopra descritto, di derivazione tipicamente italiana (e d’altra parte enorme era stato l’arricchimento cognitivo del giovane durante i viaggi in Italia); il primo movimento (Allegro) si snoda agile e cordiale sugli schemi riconosciuti della Sinfonia italiana, con il serrato dialogo delle due parti di violino e il discreto accompagnamento di viole e violoncelli; il centrale Andante svolge con partecipata proprietà il contenuto affettuoso e idilliaco, mentre il Presto suggella il breve brano con fare spigliato e divertito; ma proprio in quest’ultimo movimento è sorprendente notare l’improvvisa scrittura contrappuntistica della sezione dello Sviluppo (una chiara influenza dello stile salisburghese di Michael Haydn), mentre già nel primo tempo il vasto uso di modulazioni al modo minore (sempre nello Sviluppo) spostava l’ambientazione espressiva verso traguardi ignoti al disimpegnato gusto italiano. Nella sua semplicità, questo Divertimento si rivela risultato di molteplici suggestioni culturali, e quindi un esempio in nuce di quella personale rielaborazione di differenti modelli che porterà l’enfant prodige verso la conquista del proprio superiore linguaggio. Si procederà quindi con la Serenata op.20 in mi minore, composta nel 1882 da Sir Edward Elgar. La fama mondiale di Edward Elgar ebbe inizio nel giugno del 1899 con la prima esecuzione assoluta, a Londra, delle Enigma Variations: una composizione basata su un tema binario seguito da quattordici variazioni in cui albergano due enigmi. Spontanea, apparentemente dimessa e senza intenti enigmatici è la Serenata per archi composta da Elgar nel 1892. La breve composizione, un piccolo gioiello molto amato dall’autore, si divide in tre parti e si caratterizza, come molte altre, per l’immediatezza dell’ispirazione, a cui Elgar credeva fermamente. Egli era infatti solito dire che “la musica è scritta sulle nuvole del cielo, è nell’aria tutt’intorno a noi, basta stendere la mano e prenderne quanta se ne vuole”, essenza di una inconfessata spiritualità e di melanconica attesa. Finale affidato alla Holberg Suite di Edvard Grieg, un brano composto nel 1884 che vuole essere un omaggio allo scrittore e uomo di teatro Ludvig Holberg, vissuto tra il 1684 e il 1754 e ritenuto personaggio centrale della letteratura danese del suo tempo, tanto da essere definito il Molière del Nord. Grieg ebbe stima per questo autore che era nato nella sua stessa città e per il suo teatro dalle venature ironiche, satiriche e popolaresche e nella Suite ha voluto disegnare, come un prezioso medaglione, cinque momenti musicali nello stile settecentesco, quasi a rievocare in sintesi il clima storico dell’epoca di Holberg. La composizione si apre con un Preludio su ritmi di fanfara, una specie di intrada con andamento simile alla marcia. Seguono poi una solenne Sarabande e una graziosa e piacevole Gavotte, due tipi di danza molto diffusi nel Settecento. Il momento più intensamente espressivo della Suite è l’Aria, così contemplativa, nella sua assorta e pensosa linea melodica mentre il Rigaudon, danza di origine provenzale, conclude in maniera spigliata e brillante il lavoro di Grieg di gusto vagamente naif nella sua misurata rivisitazione dell’antico rococò.

Ai “Pomeriggi in Concerto d’estate” un duo straordinario e carismatico di livello internazionale

La rassegna “Pomeriggi in Concerto d’estate”, organizzata dall’associazione Napolinova ed affidata alla direzione artistica del maestro Alfredo de Pascale, ha ospitato, nella prestigiosa cornice della Sala Vasari, un duo di caratura internazionale, formato dal violinista Fabrizio Falasca e dal pianista Antonio Pompa-Baldi. Entrambi sono da tempo protagonisti prestigiosi degli eventi di Napolinova, con Falasca, originario di Sarno (Sa), oggi ventisettenne, che ha iniziato a muovere i primi passi proprio nell’ambito dei concerti dell’associazione, quando era ancora un bambino. Dal canto suo Pompa-Baldi, foggiano trapiantato a Cleveland, dove è stato chiamato “per chiara fama” a ricoprire il ruolo di “Distinguished Professor of Piano”, porta avanti da tempo una masterclass estiva frequentata da allievi che giungono a Napoli da ogni parte del mondo. I due si sono confrontati con alcuni capolavori cameristici dell’Ottocento, partendo dalla Sonata per violino e pianoforte n.1 in la minore, op.105 di Robert Schumann (1810-1856). Il brano venne composto nel 1851, in un periodo molto difficile per l’autore, caratterizzato dal progressivo peggioramento della sua salute mentale, abbinato ad una decisa ostilità da parte degli orchestrali che erano alle sue dipendenze, in quanto all’epoca ricopriva il ruolo di direttore a Düsseldorf. Prima nell’ambito delle tre sonate, che contraddistinguono la produzione schumanniana, l’op. 105 fu la meno gradita dallo stesso musicista che, per “scusarsi”, ne scrisse un’altra nello stesso anno. In realtà si tratta di una composizione di notevole spessore, che rientra pienamente fra le opere della maturità, e fu accolta con grande entusiasmo dalla moglie Clara Wieck, che eseguì anche la “prima”, nel 1852, accompagnata dal violinista Ferdinand David. Con la successiva Sonata per violino e pianoforte n.3 in do minore, op.45, siamo passati al repertorio di Edvard Grieg (1843-1907). Completata nel 1887, ed eseguita lo stesso anno a Lipsia dal violinista Adolf Brodsky, accompagnato al pianoforte dall’autore, rappresenta la terza ed ultima delle sonate concepite per tale organico dal musicista norvegese. Come nella precedente, scritta circa venti anni prima, Grieg abbina temi romantici a motivi del folclore nordico (una peculiarità poco gradita a Niels Gade, suo docente, che commentando la sonata n. 2 l’aveva bollata come “troppo norvegese”), il che costringe gli interpreti, durante l’evolversi della composizione, a repentini cambiamenti di ritmo. Ultimo brano in programma, la Sonata per violino e pianoforte n. 3 in re minore, op.108 di Johannes Brahms (1833-1897) dedicata, come segno di riconciliazione, al pianista, compositore e direttore d’orchestra Hans von Bülow. Iniziata durante le vacanze del 1887, e terminata l’anno seguente nella residenza estiva di Hofstetten, cittadina svizzera sulle rive del lago di Thun, si discosta dalle altre due sonate del compositore tedesco per la presenza di quattro movimenti, invece di tre, e per un notevole virtuosismo, affidato principalmente al pianoforte. E veniamo a Fabrizio Falasca e Antonio Pompa-Baldi, reduci dal successo ottenuto qualche giorno fa al Ravello Festival, che già considerati singolarmente possiedono un talento enorme, evidenziato da una pulizia e nitidezza del suono straordinari e da una sensibilità fuori dal comune. Tutte queste qualità, che hanno permesso loro di affermarsi come solisti in campo internazionale, risultano ulteriormente esaltate nel duo, che mostra notevolissime sinergie ed un affiatamento da coppia lungamente rodata, nonostante la collaborazione artistica sia di recentissima formazione (e a favorire questo connubio ipotizziamo ci sia stato anche lo zampino di Alfredo de Pascale, uno dei pochi che riesce a far incontrare grandi interpreti che non hanno mai suonato insieme, ottenendo sempre risultati strabilianti). A ciò va aggiunto che, sia l’uno che l’altro, nonostante la fama raggiunta, sono rimasti con i piedi per terra, coltivando una dote come l’umiltà che in questo campo capita raramente di riscontrare, e non si sono mai riposati sugli allori (ci riferiamo, al proposito, soprattutto ad Antonio Pompa-Baldi, la cui strepitosa carriera lo ha portato, in poco meno di venti anni, ad esibirsi in ogni parte del mondo). Va sottolineato, infine, il carisma dei due interpreti, capaci di catalizzare l’interesse del pubblico, solitamente poco propenso alla disciplina, mai visto così attento, partecipe, tranquillo come in questa occasione, che ha addirittura applaudito al momento giusto. In definitiva un concerto di elevatissimo livello, conclusosi con un suggestivo bis, Liebesleid (Pene d’amore) di Fritz Kreisler, valzer che ci ha riportato alle nostalgiche atmosfere viennesi degli albori del Novecento, eseguito, con estrema eleganza, da un duo che ha tutte le potenzialità per spopolare in ambito internazionale.

In doppia veste

Il concerto e il master del pianista Antonio Pompa-Baldi hanno chiuso la rassegna “Pomeriggi in Concerto” di Napoli

Articolo di Umberto Garberini

Si è conclusa a Napoli la XIV edizione estiva della rassegna “Pomeriggi in Concerto”, a cura dell’associazione “Napolinova”, diretta da Alfredo de Pascale (www.associazionenapolinova.it). Nella splendida cornice della Cappella del Vasari, all’interno del Complesso Monumentale di Sant’Anna dei Lombardi, si sono svolti quattro appuntamenti musicali, che si sono incrociati con le esibizioni finali di alcuni master di perfezionamento: dalle giovanissime Raffaella Cardaropoli, brillante solista al violoncello nell’inaugurazione, e Ludovica De Bernardo, agguerrita pianista alle prese con rara Sonata di Bartók, all’affiatato duo composto da Danilo Squitieri al violoncello ed Enzo Oliva al pianoforte, in un programma di ampio respiro, con musiche di Šostakovič, Martinů e Rachmaninov. In modo particolare, si sottolinea la prestigiosa partecipazione del pianista Antonio Pompa-Baldi, ospite abituale e affezionato alla nostra città per più motivi - fra cui il legame di riconoscenza con l’insegnante e sua mentore Annamaria Pennella -, quest’anno nella doppia veste di interprete e docente. In duo col violinista Fabrizio Falasca ha eseguito tre capisaldi della musica da camera: intesa immediata tra fuoriclasse, rigore stilistico e gran suono, per una performance impeccabile e avvincente: dal lirismo intimo e appassionato della schumanniana Sonata in la minore, al travolgente folclore nordico della Terza di Grieg, alla scultorea grandiosità dell’op. 108 di Brahms. Bis con il celebre Liebesleid di Kreisler, quanto mai galante e nobile. Artista Steinway, Pompa-Baldi, dopo le vittorie ai concorsi Van Cliburn e Marguerite Long, è stato nominato per chiara fama Distinguished Professor of Piano al Cleveland Institute of Music e Professore Onorario al Conservatorio Nazionale Cinese di Pechino; personalità carismatica e generosa, di straordinario intuito pedagogico, ai suoi corsi attira giovani e professionisti provenienti da tutto il mondo: in questa occasione lo hanno raggiunto dalla Germania, Spagna, Repubblica Dominicana: fra loro, Philip Amadeus e Letitia Noemi Hahn, talentuosi fratelli di 6 e 12 anni, di Düsseldorf, Juan Francisco Otòn Martinez (con le sue mani da Rachmaninov!), Alfonsina M. Isidor Sosa (anche collega giornalista!), oltre agli allievi italiani Pietro Vinciguerra e Nicola De Rosa e i pianisti Nicola Ormando e Maria Grazia Russo.

 

Alla Sala Vasari un interessante “Omaggio al Contrabbasso”

Il secondo appuntamento dei “Pomeriggi in Concerto d’estate”, rassegna organizzata dall’associazione Napolinova, ha ospitato il contrabbassista Alberto Bocini e gli allievi del suo master. Nella prestigiosa cornice della Sala Vasari, si sono alternati quattro giovani musicisti, a partire da Mattia Innocenzo che, accompagnato al pianoforte da Lorenzo Scoppetta, ha eseguito l’Andante e Rondo di Domenico Dragonetti (1763-1846), uno dei massimi virtuosi dello strumento, che nacque a Venezia ma si spostò nel 1794 in Inghilterra, dove fu assoluto protagonista della scena musicale londinese per più di 50 anni. La successiva Sonata in fa maggiore consisteva in una trascrizione per due contrabbassi di un pezzo vivaldiano, suonata da Rosaria Maylin Federico in duo con Marco Cuciniello. E’ stata poi la volta di Emmanuel Nolfo, confrontatosi con una versione per contrabbasso e pianoforte del Valse sentimentale di Ciaikovskij, risalente al 1882 e posto a chiusura dei Sei pezzi, op. 51, mentre Marco Cuciniello ha proposto Melodia e Bolero, brani originali per contrabbasso e pianoforte, appartenenti alla produzione di Giovanni Bottesini (1821-1889), altro virtuoso dello strumento, passato però alla storia per aver diretto la “prima” dell’Aida al Cairo. In entrambi i casi la parte pianistica è stata affidata a Sabrina Mauro. Dopo gli allievi è toccato al maestro, Alberto Bocini, che ha interpretato una versione per contrabbasso della Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007 di Bach, chiudendo poi con un bis funambolico rivolto ad alcune sue variazioni, effettuate a partire da un tema di Jommelli. Spettatori numerosi ed entusiasti della performance di Alberto Bocini che, dal suo canto, come in precedenti occasioni, ha svolto il compito di ambasciatore di uno strumento ancora abbastanza in ombra per vari motivi (non ultimo quello legato al suo notevole ingombro e peso), che però presenta delle grandi potenzialità, soprattutto se affidato a mani esperte.

Il talento assoluto di Raffaella Cardaropoli ai “Pomeriggi in Concerto d’Estate”

Nuovo appuntamento con la rassegna “Pomeriggi in Concerto d’Estate”, rassegna organizzata dall’associazione Napolinova che si svolge nella Sacrestia del Vasari, situata all’interno della chiesa di S. Anna de’ Lombardi. Dopo i concerti precedenti, rivolti rispettivamente al repertorio violinistico e contrabbassistico, è toccato stavolta al violoncello essere al centro dell’attenzione, con la prestigiosa presenza di Raffaella Cardaropoli che, nonostante la sua giovanissima età, ha maturato già una grandissima esperienza, sia come solista, sia in formazioni cameristiche. L’artista ha eseguito un programma che copriva circa due secoli, partendo dalla Suite n. 2 in re minore BWV 1008 , appartenente alle celeberrime Sei suites per violoncello solo di Johann Sebastian Bach (1685-1750), composte presumibilmente fra il 1717 ed il 1723, quando l’autore era al servizio del principe di Köthen. Costituite secondo uno schema che prevede un Preludio iniziale, seguito da quattro danze, Allemanda, Corrente, Sarabanda, Giga e, tra le ultime due, l’inserimento di una coppia di danze supplementari (ad esempio, nella Suite n. 2 troviamo due Minuetti), le suites sono giunte fino a noi grazie ad una copia del manoscritto originale, redatta da Anna Magdalena, seconda moglie del compositore. Inoltre, va ricordato come, fino alla fine dell’Ottocento, furono considerate alla stregua di studi di scarso valore, per cui vennero snobbate da musicologi ed interpreti, fino al momento in cui giunse, sulla scena musicale, il grande violoncellista Pablo Casals. Quest’ultimo, appena tredicenne, dopo aver acquistato per caso la partitura completa della raccolta in un negozietto di Barcellona, capì subito l’importanza di questi brani, li studiò assiduamente per più di un decennio, e li propose poi al pubblico, favorendo la loro inarrestabile ascesa verso la notorietà. Meno noti al grande pubblico, ma ben conosciuti dagli addetti ai lavori, i Dodici Capricci op. 25 del bergamasco Carlo Alfredo Piatti (1822 –1901), pubblicati a Berlino nel 1875, dai quali era tratto il n. 1 (Allegro quasi presto), proposto nell’occasione. Contraddistinti non solo da difficoltà tecniche, ma da una concezione innovativa dello strumento, volta a ricercare potenzialità all’epoca inimmaginabili, possono essere considerati l’equivalente, in ambito violoncellistico, dei Capricci di Paganini. Riguardo al tedesco Max Reger (1873–1916), dedicò al violoncello una serie di brani, fra i quali la Suite n. 2 in re minore, appartenente alle tre Suite che formano l’op. 131c, datate 1915. Gran finale con il primo movimento della Suite per violoncello solo, risalente al 1926, dello spagnolo Gaspar Cassadó (1897–1966), compositore e apprezzato solista, allievo di Pablo Casals. Nel complesso un programma molto impegnativo, che ha permesso a Raffaella Cardaropoli di evidenziare la suo enorme bravura, che abbina, all’indispensabile virtuosismo, un suono pieno e corposo ed una notevole sensibilità. Sono tutte qualità sicuramente innate, che devono però essere gestite oculatamente, considerando la giovanissima età della violoncellista, per cui la nota di plauso conclusiva va a Ilie Ionescu (presente in prima fila al concerto), docente di grandissima esperienza, che sta accompagnando un talento naturale come Raffaella Cardaropoli verso la completa maturazione.

Un duo giovanissimo e talentuoso alla Sala Vasari

Dopo il trio di Bucarest, ensemble prestigioso e pieno di esperienza, il secondo appuntamento della XVIII edizione del Festival di Musica da Camera, organizzato dall’associazione Napolinova ed affidato alla direzione artistica del maestro Alfredo de Pascale, ha ospitato Federica Tranzillo (violino) e Lidia Fittipaldi (pianoforte). Il concerto del giovanissimo duo è iniziato con la Sonata op. 1 n. 4 in sol minore dell’istriano Giuseppe Tartini (1692–1770), nota come “Il Trillo del diavolo” in quanto una leggenda vuole sia stata ispirata da un sogno, avente come protagonista il diavolo che suonava una melodia mai udita fino ad allora, che il musicista aveva cercato, una volta svegliatosi, di riprodurre il più fedelmente possibile. Con la successiva Polonaise Brillante in la maggiore, op. 21 (1870), si è passati al polacco Henryk Wieniawski (1835-1880), noto soprattutto come virtuoso del violino. Il brano fu concepito in due versioni (per violino e pianoforte e per violino ed orchestra) ma non si sa in quale ordine vennero scritte. E’ comunque certo che, quella orchestrale esordì a San Pietroburgo, mentre a Varsavia, due mesi dopo, conobbe la “prima” quella cameristica. Entrambe si avvalsero della presenza di Wieniawski al violino che, in occasione dell’esibizione tenuta in Polonia, era accompagnato al pianoforte dal fratello Joseph. Un breve intervallo ha preceduto il pezzo forte della serata, la Sonata per violino e pianoforte n.3 in do minore, op.45 di Edvard Grieg (1843-1907). Completata nel 1887, ed eseguita lo stesso anno a Lipsia dal violinista Adolf Brodsky, con l’autore al pianoforte, risulta essere la terza ed ultima delle sonate del musicista norvegese create per tale organico. Sulla falsariga della precedente Sonata n. 2 in sol maggiore, op. 13, composta venti anni prima, Grieg alterna temi romantici a motivi del folclore nordico, costringendo gli interpreti a continui e veloci cambiamenti di ritmo. Conclusione con Zigeunerweisen, op. 20 n. 1 di Pablo de Sarasate (1844-1908), che come recita il titolo, formato dalle parole tedesche Zigeuner (gitano) e weisen (melodie), contiene alcuni motivi di origine zingaresca, terminando con una frenetica csárda caratterizzata da notevolissime difficoltà esecutive. Nel complesso un programma particolarmente corposo e ricco di insidie, che Federica Tranzillo (violino) e Lidia Fittipaldi (pianoforte) hanno affrontato con grande determinazione e bravura. E, se i brani virtuosistici hanno entusiasmato gli spettatori (raggiungendo così lo scopo per il quale da sempre sono concepiti), personalmente siamo stati maggiormente colpiti dall’esecuzione della Sonata di Grieg, in quanto ha fatto emergere l’alto livello di maturità raggiunto dalle interpreti, nota estremamente positiva, se si pensa che entrambe non superano i venti anni. Pubblico non numeroso quanto l’appuntamento precedente (un po’ per le condizioni climatiche avverse, un po’ per una certa remora di alcune frange di appassionati nei confronti dei giovanissimi), che ha lungamente applaudito le due protagoniste ed è stato omaggiato da un bis pieno di nostalgia, Liebesleid di Fritz Kreisler, a chiusura di un concerto di ottima fattura.

Il concerto dei partecipanti al master internazionale del pianista
Antonio PompaBaldi evidenzia quattro giovanissimi talenti

Nella Sala Chopin si è svolto recentemente “Omaggio al Pianoforte”, consistente in un concerto di alcuni dei partecipanti al Master Internazionale di pianoforte, organizzato dall’Associazione Napolinova e tenuto da Antonio PompaBaldi, musicista foggiano di fama internazionale trapiantato a Cleveland. Ad aprire la serata Nicola De Rosa, che ha eseguito due Sonate di Domenico Scarlatti (la K 27 in si minore, presente nella raccolta denominata Essercizi per gravicembalo, pubblicata a Londra nel 1738, e la K 198 in mi minore), insieme al Valzer in la minore op. 34 n. 2, composto da Fryderyk Chopin nel 1831, quasi al termine del suo breve soggiorno viennese. Abbiamo quindi ascoltato Maddalena Piccirillo nell’interpretazione del primo tempo dellaSonatine di Maurice Ravel e dei tre movimenti iniziali degli Studi sinfonici, op. 13 di Robert Schumann. Il brano di Ravel era stato scritto come pezzo a sé stante nel 1903, per un concorso bandito dal giornale Weekly Critical Review, ma il premio non fu i assegnato perché la rivista di lì a poco fallì. Il musicista francese pensò poi di aggiungere altri due movimenti e fece pubblicare la composizione nel 1905 dall’editore parigino Durand, chiamandola Sonatine. Riguardo agli Studi di Schumann, conobbero una lunga e travagliata genesi, a partire dal 1834, anno in cui il barone Ignaz Ferdinand von Fricken, flautista dilettante e padre adottivo di Ernestina (all’epoca fidanzata di Schumann), sottopose al parere del musicista un tema con variazioni. Nacquero così le “Variazioni patetiche”, pubblicate però solo nel 1837, con il nome di “Studi sinfonici”, dopo essere state sottoposte a diversi cambiamenti. Rivedute e corrette, vennero poi ripubblicate nel 1852, con il titolo definitivo di “Studi in forma di variazioni” (e nel frattempo il tema originario si era ormai perso per strada, così come la storia d’amore con Ernestina). E’ stata poi la volta della diciassettenne Giulia Maresci, che si è confrontata con il Rondo capriccioso in mi minore, op. 14 di Felix MendelssohnBartholdy, concepito nel 1828 e completato due anni dopo, ovvero quando il musicista era ventunenne. Definirlo giovanile risulta però riduttivo, se pensiamo che l’autore tedesco già a dodici anni aveva all’attivo un corposo numero di composizioni più che pregevoli. La chiusura del concerto era invece affidata alla statunitense Anna Audenis, di appena dieci anni, che ha eseguito la Suite Francese n. 6 in mi maggiore BWV 817 di Johann Sebastian Bach, ultima di un gruppo, catalogato come BWV 812817, composto presumibilmente durante la permanenza a Köthen. Tutte le suite della raccolta seguivano, fino al terzo movimento, la successione canonica, costituita da allemanda, corrente e sarabanda ma, prima della giga conclusiva, venivano inserite altre danze, che nel caso della n. 6 erano, nell’ordine, gavotta, polonaise, bourrée e minuetto. Relativamente all’appellativo “francese”, aggiunto postumo, nessuno ha saputo trovare una valida spiegazione visto che, nel loro complesso, le suite sono più vicine allo stile italiano. Nel complesso un ampio panorama, compreso fra primi del Settecento e albori del Novecento, al quale i quattro esecutori hanno dato lustro, grazie ad interpretazioni di livello elevato, merito sia del talento dei singoli, sia dei consigli ricevuti durante il master di Antonio PompaBaldi (che in pochi giorni non può sicuramente trasformare un musicista scarso in uno bravissimo, ma è in grado di fornire una serie di utili indicazioni a chi ha già intrapreso la carriera solistica). L’augurio finale è che tutti possano proseguire la strada intrapresa, ottenendo i successi che meritano e, a cominciare dalla piccola Anna Audenis, siamo convinti che nei prossimi anni sentiremo ancora parlare molto di loro.

Dal 9 al 14 luglio tre appuntamenti della rassegna “Pomeriggi in Concerto d’estate” di Napolinova dedicati al violoncello

Prosegue la XIV edizione dei “Pomeriggi in Concerto d’estate”, organizzati dall’Associazione Napolinova sempre alla Sala Vasari della chiesa di S. Anna de’ Lombardi (piazza Monteoliveto) con tre appuntamenti tutti dedicati al violoncello. Giovedì 9 luglio, alle 18.15, la giovanissima Raffaella Cardaropoli, da poco vincitrice del premio Abbado quale migliore violoncellista di tutti i conservatori italiani, proporrà un viaggio nel repertorio per violoncello solo dal ‘600 al ‘900, eseguendo musiche di Bach, Reger, Cassadó. Sabato 11 luglio, alle 18.15, un programma dedicato invece al repertorio cameristico per violoncello e pianoforte con brani di Rachmaninov e Shostakovich, con il duo formato dal violoncellista Danilo Squitieri e dal pianista Enzo Oliva, musicisti giovani ma già affermati e vincitori in duo d’importanti concorsi Internazionali Infine, martedì 14 luglio, alle 18.15“Omaggio al Violoncello”, concerto incontro con Ilie Ionescu e gli allievi del suo master.

Luigi Carroccia grande protagonista del secondo appuntamento con il Festival Pianistico di Napolinova

Il secondo appuntamento con la XIX edizione del Festival Pianistico di Napolinova ha ospitato, nella chiesa di San Diego all’Ospedaletto, Luigi Carroccia, musicista di origini laziali, che attualmente studia al Conservatorio di Bolzano con Giorgia Alessandra Brustia ed è fra i finalisti del Premio Busoni. Il giovanissimo talento si è confrontato con alcuni capisaldi della letteratura pianistica del Novecento, partendo dalla Sonata in fa minore, op. 57 “Appassionata” di Ludwig van Beethoven (1770-1827). Composta fra il 1804 ed il 1806 e pubblicata a Vienna nel 1807, con dedica al conte Franz von Brunsvick, risulta fra i brani più significativi del secondo dei tre periodi, detto anche “mediano” o “eroico”, nei quali si suole suddividere la produzione beethoveniana, e deve il suo soprannome a Cranz di Amburgo, che lo appose per la prima volta su un’edizione per pianoforte a quattro mani stampata nel 1838. Si è poi passati a Chopin, con i due Notturni, op. 62 (n. 1 in si maggiore e n. 2 in mi maggiore) e con la Polacca Fantasia op. 61 in la bemolle maggiore. Nel primo caso siamo di fronte ad un genere che, nel Settecento, era destinato ad organici di dimensioni variabili, il cui scopo era quasi sempre di intrattenere gli ospiti durante le feste. Alla fine del XVIII secolo il notturno si trasformò, in particolare grazie all’irlandese John Field, in una composizione di tipo intimistico, costituita da un solo movimento ed affidata al pianoforte, raggiungendo poi l’apoteosi con Chopin. Riguardo alla Polacca Fantasia, completata nel 1847, si tratta di un lavoro di grande inventiva, che si serve della tradizionale danza, alla base delle polonaise scritte fino a quel momento, abbinandola ad una struttura proiettata verso il futuro e che fu quindi poco compresa dai suoi contemporanei. Dopo un breve intervallo, toccava all’ultimo brano in programma, la Sonata n. 3 in fa diesis minore, op. 23 del russo Alexander Scriabin (1872-1915), del quale si celebra nel 2015 il centenario della morte. Autore ancora oggi noto soprattutto nella nazione d’origine e da noi quasi completamente ignorato, Scriabin rappresenta una figura molto particolare del Novecento, fautore sia della sinestesia (abbinava infatti note e colori), sia del rapporto fra musica e misticismo, che col passare degli anni divenne talmente stretto da rasentare la follia. Ciò incise anche sulla sua produzione, legata in prevalenza al pianoforte, nel cui ambito spiccano dieci sonate, che rispecchiano l’evoluzione di uno stile, influenzato inizialmente da Chopin, che si spostò progressivamente verso sviluppi quasi atonali, mediante l’impiego di masse sonore sempre più poderose. La Sonata n. 3, completata nel 1898, a ridosso di un matrimonio rivelatosi subito infelice, ha ancora Chopin come punto di riferimento, ma contiene in sé già una struttura di grande complessità che, a detta dell’autore, doveva descrivere gli stati d’animo dell’Uomo, desideroso di assumere sembianze divine, destinato alla fine a veder fallire tutti i suoi propositi. Confrontandosi con questo programma quanto mai complesso e corposo, Luigi Carroccia ha evidenziato un grande virtuosismo, abbinato ad una estrema sensibilità, trasferendo al pubblico presente forti emozioni e la consapevolezza di avere di fronte un giovanissimo talento. Così dopo la sudcoreana Ji-Yeong Mun, anche questo secondo appuntamento del Festival Pianistico di Napolinova ha proposto un musicista di sicuro avvenire, confermando l’altissimo livello raggiunto dalla manifestazione.

L’ORCHESTRA GIOVANILE NAPOLINOVA AL TEATRO DON BOSCO

La citta’ di Caserta location del Concerto a tre date della Orchestra Giovanile Napolinova , composta da 70 giovani talenti della nostra regione provenienti dai conservatori di Avellino, Napoli, Benevento e Salerno. E’ cominciato il conto alla rovescia per il primo Concerto Casertano dell’Orchestra Giovanile Napolinova, diretta dal Maestro e Solista, Francesco Bossone, che si terra’ domenica 21 febbraio, a partire dalle ore 19.00, presso il Teatro Don Bosco di Caserta con il Patrocinio della Regione Campania e del Comune di Caserta. Il concerto rientra nel programma ” Stagione concertistica 2016 “I giovani e l’Orchestra” dell’Associazione Napolinova” e , per l’occasione, l’Orchestra Giovanile suonera’ brani di Mozart, per la precisione Sinfonia K 550 e Concerto per Fagotto K 191. Sono previsti, inoltre , altri due appuntamenti casertani dell’Orchestra Giovanile Napolinova sempre al Teatro Don Bosco di Caserta : l’8 aprile , alle ore 19.30,con il Maestro Solista Felice Cusano Direttore degli ” Archi della Orchestra Giovanile Napolinova” con musiche di Vivaldi, Mozart, Grieg, Gershwin, e il 18 aprile , alle ore 19.30 , con la direzione del Maestro Mariano Patti della Sinfonia n.45 di Haydn e della Sinfonia n.5 di Schubert. E’ prevista , per il 10 febbraio, la conferenza stampa di presentazione degli eventi a cui partecipera’ l’Assessore Regionale alla Istruzione Lucia Fortini. Tra i promotori dell’iniziativa Antonio De Crescenzo , ex Consigliere Comunale di Caserta, che da tempo si sta battendo per la costituzione di un COnservatorio Musicale nella citta’ di Caserta. ” Si tratta – spiega De Crescenzo – – di concerti che testimoniano l’impegno dei nostri ragazzi di costruire un progetto di qualita’ in un percorso policentrico regionale “. La esibizione dell’ Orchestra Giovanile Napolinova – continua Antonio De Crescenzo- arricchisce il cartellone musicale della Città di Caserta del 2016 con il primo di una serie di concerti che saranno ospitati nel Teatro “Don Bosco” apprezzatissimo per la sua riconosciuta pluriennale attività a favore dei giovani”. L’Orchestra Giovanile Napolinova si esibira’ anche a Napoli , al Complesso Monumentale Sant’Anna dei Lombardi precisamente il 19 febbraio, il 13 marzo e il 10 aprile, e a Salerno, nella Chiesa della SS.MA Annunziata , il 20 febbraio, il 12 marzo e il 9 aprile. L’Orchestra Giovanile Napolinova si finanzia con il contributo associativo dei soci sostenitori. ” Lo slogan Adotta l’Orchestra – continua Antonio De Crescenzo- nasce dalla volonta’ di attirare l’attenzione sul fatto che il ricavato ottenuto dai biglietti verra’ diviso solo tra i giovani dell’Orchestra “. Pagare il biglietto, dunque, sara’ come adottare l’Orchestra e , quindi, sostenere l’impegno di questi giovani artisti e partecipare allo sviluppo del progetto. L’Orchestra Giovanile Napolinova è nata dall’idea di Alfredo de Pascale, Presidente e Direttore artistico dell’Associazione Napolinova, con cui vanta un’esperienza ventennale nell’organizzazione di concerti, concorsi, corsi e master, collaborando con i più importanti artisti internazionali, e del Direttore d’orchestra Mariano Patti, Direttore stabile dell’Orchestra, di riunire a Napoli i migliori giovani strumentisti italiani, dando loro garanzie di serietà e, soprattutto, di portare avanti un progetto che avesse come unica caratteristica la “qualità musicale” a contraddistinguerlo. Per realizzare quest’idea, l’associazione Napolinova si è fatta promotrice, di regolari audizioni nazionali che hanno coinvolto oltre 150 ragazzi, provenienti da tutte le regioni italiane. La commissione, di alto profilo, ha visto la partecipazione di eminenti figure del panorama musicale italiano tutte convinte della bontà dell’idea, tra i quali il Dott. Valanzuolo, Direttore Generale del “Ravello Festival” e prime parti delle più importanti orchestre italiane. Le audizioni hanno selezionato giovani tra i 14 e i 27 anni con curriculum di valore internazionale vincitori di concorsi Internazionali come il Premio dell’Arti 2014 e il Premio Abbado 2015.

I “Pomeriggi in Concerto d’estate” di Napolinova si aprono con un “Omaggio al Violino” di altissimo livello

Con “Omaggio al Violino”, svoltosi nella sala Chopin di piazza Carità, ha avuto inizio la XIV edizione della rassegna “Pomeriggi in Concerto d’estate”. Protagonisti dell’appuntamento, organizzato dall’Associazione Napolinova e affidato alla direzione artistica di Alfredo de Pascale, alcuni allievi del corso di perfezionamento tenuto dal maestro Felice Cusano. In apertura Alba Ovcinnicoff ha eseguito la Sonatina in sol maggiore, op. 100 di Antonín Dvořák (1841-1904), risalente al 1893 durante il soggiorno statunitense del compositore. Meno nota di altri lavori di quel periodo (come ad esempio la Sinfonia “Dal Nuovo Mondo”), anche la Sonatina si basa sull’alternanza fra elementi tipici del folklore ceco e melodie dei nativi americani. In quanto centesimo pezzo della sua produzione, l’autore volle dedicarlo a tutti e sei i figli e, in particolare, a Otilia e Antonín jr., che all’epoca avevano rispettivamente 15 e 10 anni ma già si cimentavano con successo, la prima al pianoforte, il secondo al violino. Toccava quindi a Giacomo Del Papa interpretare l’Allegro ma non troppo, dal Concerto per violino e orchestra in si minore op.61, n. 3 di Camille Saint-Saëns (1835-1921), scritto nel 1880 per il compositore e virtuoso spagnolo Pablo de Sarasate. Con Arturo Abbondanza siamo passati al Preludio e Allegro “nello stile di Gaetano Pugnani” (1910), appartenente a quel numeroso gruppo di brani che il grande violinista Fritz Kreisler (1875-1962) spacciò inizialmente per inediti di vari autori, per rivelare in seguito che si trattava di sue creazioni. Il successivo brano, eseguito da Elisa Scudeller, non ha bisogno di presentazione, considerando che si trattava del movimento iniziale (Allegro molto appassionato) di uno dei massimi capolavori della musica romantica, il Concerto per violino in mi minore op. 64 di Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847). Concepito per l’amico violinista Ferdinand David, che collaborò anche alla stesura del brano, il concerto venne completato nel 1844 ed esordì l’anno dopo, diretto dal danese Niels Gade, a causa di un’indisposizione di Mendelssohn. Francesco di Costanzo ha invece proposto un altro classico della letteratura violinistica, la Sinfonia spagnola in re minore, op. 21 di Édouard Lalo (1823-1892), composta nel 1874 per Pablo de Sarasate che, insieme al Concerto per violoncello, ha salvato dall’oblio l’autore francese. Meno noti i sette concerti per violino di Henri Vieuxtemps (1820-1881), allievo di Charles Auguste de Bériot, annoverato fra i maggiori rappresentanti della scuola franco-belga. Da tale produzione Giulia Scudeller ha tratto l’Allegro non troppo del Concerto n. 5 in la minore op. 37, completato nel 1859, noto anche con il soprannome “Le Gretry” in quanto il motivo del movimento centrale si ispirava ad un’aria dell’opera Lucile di André Grétry. La chiusura era affidata a Federica Tranzillo con Zigeunerweisen op. 20 (Arie zigane), che ci riportava a Pablo de Sarasate (1844-1908), questa volta nelle vesti di compositore e non di dedicatario. Datata 1878, ebbe la prima a Lipsia lo stesso anno e fu poi anche incisa dal musicista spagnolo nel 1904. Da quanto finora descritto, si comprende che, anche quest’anno, l’appuntamento posto a conclusione del corso del maestro Cusano non era un saggio di fine stagione, ma un vero e proprio concerto, con brani di grande interesse, caratterizzati da notevoli difficoltà. Per tale motivo vanno lodati tutti gli interpreti, in gran parte giovani, che hanno dato vita ad una esibizione di altissimo livello. Fermo restando la bravura complessiva dei protagonisti, ci piace citare due delle protagoniste, Olga Ovcinnicoff e Elisa Scudeller in quanto la prima, nonostante sia ormai una violinista affermata, continua a seguire corsi di perfezionamento, evidenziando una grande dose di umiltà (merce abbastanza rara fra i suoi colleghi), mentre la seconda, nonostante fosse la più giovane in assoluto (appena 13 anni), ha eseguito Mendelssohn in modo esemplare, fornendo un’interpretazione nettamente migliore di tanti artisti oggi in auge, che spesso godono di una fama superiore al loro effettivo valore. Un cenno merita anche Dario Cusano, figlio d’arte ed infaticabile pianista accompagnatore, bravissimo a supportare al meglio i partecipanti. In conclusione un concerto che conferma la presenza di molti giovani violinisti, ricchi di talento, la cui ulteriore fortuna è stata quella di aver trovato sulla loro strada un’ottima guida come il maestro Felice Cusano.

Sabato 30 maggio il Festival Pianistico si chiude con un concerto dell’Orchestra Giovanile Napolinova e di Maurizio Moretti nel duplice ruolo di solsta e direttore

Sabato 30 maggio, alle ore 19, per il concerto conclusivo della XIX edizione del Festival Pianistico, organizzzato dall’Associazione Napolinova, alla Chiesa di San Diego all’Ospedaletto (via Medina, 3), l’Orchestra Giovanile Napolinova torna ad esibirsi a Napoli dopo il successo dello scorso inverno . Nel concerto sarà diretta dal pianista e direttore di fama internazionale Maurizio Moretti, che nella prima parte eseguirà da solo musiche di Schumann, Chopin e Liszt, e nella seconda parte dirigerà l’orchestra nell’esecuzione del Divertimento K 136 di Mozart e della bellissima Holberg suite di Grieg. Anche questa volta il biglietto servirà a ricompensare l’impegno e la bravura dei giovani strumentisti.

Sabato 23 maggio Fiorenzo Pascalucci ospite del terzo appuntamento con la XIX edizione del Festival Pianistico di Napolinova

Sabato 23 maggio, alle ore 19.00, nella Chiesa di San Diego all’Ospedaletto (via Medina, 3 – Napoli), nell’ambito della XIX edizione del Festival Pianistico organizzzato dall’Associazione Napolinova, recital del pianista Fiorenzo Pascalucci, Primo Premio al Concorso Internazionale “Rina Sala Gallo” 2014. In programma musiche di Bach-Busoni, Chopin, Ravel, Scriabin, Gershwin

Il Festival Pianistico di Napolinova si apre con uno straordinario talento sudcoreano

L’appuntamento inaugurale della XIX edizione del Festival Pianistico di Napolinova, che quest’anno si svolge nella chiesa di San Diego all’Ospedaletto, ha ospitato la diciannovenne sudcoreana Ji-Yeong Mun che, a dispetto della sua giovanissima età, ha già ottenuto numerosi riconoscimenti. Solo nel 2014, ha vinto sia il Concorso Internazionale di Ginevra, sia il Concorso Internazionale di Takamatsu (che prevedeva come premio anche alcuni concerti in varie città d’Europa, comprese Milano e Napoli), ed è stata ammessa fra i finalisti del Premio Busoni che si terrà a Bolzano il prossimo agosto. La pianista ha proposto un recital incentrato su Chopin, iniziando con l’Andante Spianato e Grande Polacca brillante op. 22 in mi bemolle maggiore. Composizione abbastanza curiosa, consiste in realtà di due pezzi, collegati fra loro da sedici battute (non sempre eseguite dai solisti), concepiti in tempi diversi, poiché l’Andante Spianato risale al 1835, mentre la Polacca, originaria per pianoforte ed orchestra, è del 1830. E’ stata quindi la volta delle Dieci variazioni su un Preludio di Chopin, lavoro scritto da Ferruccio Busoni (1866-1924) quando aveva poco più di diciotto anni, basandosi sul Preludio in do minore, op. 28 n. 20. Il brano conobbe poi numerose revisioni, fino a quella definitiva, risalente al 1822 e dedicata al grande pianista Gino Tagliapietra. Il concerto è proseguito con la Barcarola in fa diesis maggiore, op. 60, completata nel 1846 con dedica alla baronessa di Stockhausen e lo Scherzo n. 4 in mi maggiore, op. 54, del 1842, la cui dedicataria fu la contessa nonché sua allieva Jeanne de Caraman. Dopo un breve intervallo, la seconda parte è stata rivolta interamente ai Ventiquattro Preludi, op. 28 (1835-1839), scritti in prevalenza durante il soggiorno di Chopin a Palma di Majorca, in compagnia di George Sand. Fonte di ispirazione fu “Il clavicembalo ben temperato” di Bach, costituito da una successione di preludi, che copriva l’intera gamma delle dodici tonalità, alternando un tono maggiore al suo corrispondente minore. Ma le similitudini si fermano qui, in quanto l’autore tedesco fece seguire una fuga ad ogni preludio, dividendo la raccolta in due volumi, ciascuno formato da dodici composizioni. Chopin, invece, assemblò pezzi senza alcuno sviluppo, apparentemente scollegati fra loro e caratterizzati da grande libertà, sia nella forma, dove troviamo, a fianco di veri e propri preludi, brani che si avvicinano molto di più ad altre forme quali il notturno, lo studio ed il corale, sia nella breve durata, compresa fra un minimo di 13 ed un massimo di 89 battute. Non ci si deve meravigliare, quindi, se ebbero un’accoglienza piuttosto tiepida e un giudizio prevalentemente negativo. Lo stesso Schumann, abbastanza perplesso, ma comunque colpito dalla novità, li descrisse nel modo seguente: “Sono schizzi, frammenti iniziali di studi o – se vogliamo – ruderi, penne d’aquila, selvaggiamente disposte alla rinfusa. Ma la scrittura delicata e perlacea indica in ciascuno di essi: lo scrisse Fryderyk Chopin. Lo si riconosce dalle pause e dal respiro impetuoso. Egli è e rimarrà il più ardito e il più fiero spirito poetico dell’epoca”. Veniamo ora a Ji-Yeong Mun, che ha evidenziato una maturità impressionante, dando vita ad un’interpretazione ricca di sfumature, caratterizzata da un tocco eccezionale e, cosa non da poco, è riuscita a restituirci uno Chopin finalmente “vero”, scevro dal troppo abusato romanticismo stucchevole e, nel contempo, lontano anni-luce dalle deleterie rivisitazioni post-moderne oggi molto in voga. In più, l’artista non fa parte di quel foltissimo gruppo di pianisti, fra i quali si annoverano, purtroppo, anche artisti pluripremiati e osannati dal pubblico, totalmente privi di sensibilità musicale, la cui unica abilità consiste nell’ eseguire il maggior numero di note nel più breve tempo possibile. Per tutti questi motivi, auguriamo a Ji-Yeong Mun di proseguire nel migliore dei modi una carriera che le ha dato già numerose soddisfazioni, e non possiamo che chiudere ringraziando Alfredo de Pascale, direttore artistico di Napolinova, che ha voluto inaugurare il Festival Pianistico con un talento di sicuro avvenire.

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