Rassegna Stampa 2013
Il Festival di Musica da Camera di Napolinova si apre con un duo di livello internazionale
La XVI Edizione del Festival di Musica da Camera, organizzato dall’Associazione Napolinova, sotto la direzione artistica di Alfredo de Pascale, si è aperta con un concerto del duo formato dal contrabbassista Alberto Bocini e dal pianista spagnolo Daniel del Pino. Il programma proposto, che andava dall’Ottocento ai giorni nostri, è iniziato con una versione per contrabbasso e pianoforte della celebre Sonata in la minore D 821 di Franz Schubert (1797-1828), scritta nel 1824 per uno strumento che si stava affacciando sulla scena, l’Arpeggione, sorta di incrocio fra violoncello e chitarra, inventato dal liutaio viennese Johann Georg Stauffer. La sua diffusione non ebbe il successo sperato, ma come testimonianza rimase questa composizione, pubblicata postuma nel 1871. E’ stata poi la volta di Water for Tomorrow dello statunitense Terry Plumeri (1945), lavoro recentissimo in quanto il duo ha ricevuto la partitura direttamente dall’autore soltanto tre giorni prima dell’esibizione. Ritorno all’Ottocento con il Grande allegro “alla Mendelssohn” di Giovanni Bottesini (1821-1889), parafrasi che celebrava i fasti del musicista tedesco, con reverenza ed anche una punta di ironia, e chiusura con due pezzi, Elegy e Burlesque, dell’ucraino Nikolaj Kapustin (1937), compositore contemporaneo molto interessante che meriterebbe una maggiore conoscenza e diffusione. Per quanto riguarda gli interpreti, abbiamo avuto l’opportunità di apprezzare nuovamente il maestro Bocini, dimostratosi esecutore di caratura internazionale, dotato di una versatilità che gli permette di affrontare, con la medesima bravura e naturalezza, autori classici e contemporanei, con incursioni anche in ambito jazz, come nel caso di Kapustin. Molto bravo anche Daniel del Pino, che si è dimostrato anch’egli un ottimo solista ed ha evidenziato un perfetto affiatamento con il contrabbassista. In conclusione un esordio quanto mai scoppiettante della rassegna, svoltosi nella splendida cornice della Sala del Vasari, che non solo ha accontentato gli appassionati più tradizionalisti, ma è riuscito nel non facile compito di avvicinarli alle sonorità moderne.
Il duo Falasca-Cusano ottimo protagonista del secondo appuntamento del Festival di Musica da Camera di Napolinova
Il secondo appuntamento del Festival di Musica da Camera, organizzato dall’Associazione Napolinova nella Sala Vasari del Complesso Monumentale di S. Anna de’ Lombardi, ha ospitato il duo costituito dal violinista Fabrizio Falasca e dal pianista Dario Cusano. In apertura i due musicisti si sono confrontati con lo Scherzo, dalla Sonata F.A.E., e con la Sonata n. 3 in re minore, op. 108, entrambi tratti dalla produzione di Johannes Brahms. Nel primo caso si trattava del terzo movimento di un brano scritto dal compositore tedesco nel 1853, in collaborazione con Schumann e Dietrich, come regalo di compleanno per l’amico violinista Joseph Joachim, sfruttando le lettere “F”, “A” ed “E”, iniziali del motto preferito dal musicista “Frei, aber einsam” (ovvero ”Libero, ma solo”), che nella notazione tedesca corrispondono rispettivamente a “fa”, “si” e “mi”. Riguardo alla Sonata n. 3, completata nel 1888, anch’essa ha un dedicatario illustre, il compositore, pianista e direttore d’orchestra Hans von Bülow e, a differenza delle prime due sonate brahmsiane, è caratterizzata da quattro movimenti. Successivamente si è passati a Claude Debussy, con la Sonata in sol minore (1917), concepita nell’ambito di una raccolta che avrebbe dovuto contenere sei sonate, pensate per organici ridotti e talora insoliti, celebrative del Settecento francese. Il progetto si fermò a metà strada in quanto il musicista francese morì nel 1918 e quella per violino e pianoforte risultò la sua ultima composizione in assoluto. E’ stata poi la volta dell’Introduzione e Rondo capriccioso in la minore, op. 28, di Camille Saint-Saëns, pezzo ideato originariamente per violino ed orchestra nel 1863, la cui parte solistica venne pensata per Pablo de Sarasate, all’epoca appena diciannovenne, ma già molto famoso. Ultimo brano in programma la vertiginosa Tzigane, rhapsodie de concert di Maurice Ravel, composta nel 1924 dall’autore francese su richiesta della violinista ungherese Jelly d’Arányi e creata in origine per violino e luthéal (antenato del pianoforte preparato). Uno sguardo ora sugli interpreti per rimarcare l’ennesima prova di grande livello di Fabrizio Falasca, solista ancora giovanissimo, che sta portando avanti una splendida carriera ed ha mosso i primi passi importanti nell’ambito delle rassegne organizzate da Napolinova. Molto bravo anche Dario Cusano, il cui compito in molti casi non si limitava al semplice accompagnamento, per cui doveva tenere testa, come comprimario, alla esuberanza del violinista. Pubblico numerosissimo e partecipe, che ha fattivamente collaborato alla buona riuscita del recital, in quanto una gentile spettatrice, chiamata dall’organizzatore, si è offerta di sostituire chi doveva girare le pagine al pianista, che tardava ad arrivare, permettendo al concerto di iniziare in orario. Grande successo e bis conclusivo con il Cantabile di Paganini, che ha chiuso una serata di ottima musica, confermando l’elevato valore di una rassegna giunta alla sedicesima edizione.
Alla Sala Vasari raffinato concerto liederistico del “Das Wiegentrio”
Il recente appuntamento del Festival di Musica da Camera, organizzato dall’Associazione Napolinova e affidato alla direzione artistica di Alfredo de Pascale, ha avuto come protagonisti il “Das Wiegentrio”, formato da Elvira Maria Iannuzzi (soprano), Massimiliano Ghiribelli (clarinetto) e Tullio Forlenza (pianoforte). Al centro della serata un repertorio liederistico particolare, in quanto specificamente concepito per tale organico, che attingeva alla produzione di autori noti e meno noti, partendo dal tedesco Conradin Kreutzer (1780-1849), che musicò Das Mühlrad (La ruota del mulino), lirica del connazionale Joseph von Eichendorff. Con il successivo Der hirt auf dem felsen (Il pastore sulla roccia) D. 965 siamo passati a Franz Schubert (1797-1828), che ai lieder dedicò una discreta parte della sua produzione. In particolare il brano proposto, commissionato dal soprano Anna Milder-Hauptmann, venne scritto dal musicista pochi mesi prima di morire, utilizzando i testi del poeta Wilhelm Müller e dello scrittore Karl August Varnhagen von Ense. E’ stata poi la volta di Heimatlied del compositore, violinista e direttore d’orchestra boemo Johann Wenzel Kalliwoda (1801-1866), concepito partendo da un inno di autore anonimo ricco di nostalgia nei confronti della patria lontana. L’interessante e corposo programma si è concluso con i Sei Lieder tedeschi op.103 di Louis Spohr (1784-1859), risalenti al 1837 e commissionati dalla principessa Sondershausen, come ricorda anche il compositore nella sua autobiografia. Molto bravi i tre protagonisti, che costituiscono un ensemble molto affiatato, formato da ottimi solisti, che per l’occasione si sono avvalsi della presenza del maestro Roberto Daina, affidandogli il compito di declamare la traduzione italiana delle diverse liriche, poi eseguite in lingua originale. Un’idea, molto apprezzabile, che però non aveva fatto i conti sulla scarsa tenuta di un pubblico, in generale poco propenso nei confronti di un genere come quello liederistico, caratterizzato spesso da testi abbastanza estranei alla nostra cultura, dove emerge una profonda angoscia esistenziale tipica del Romanticismo. Soprattutto all’inizio della seconda parte, preceduta dalla lettura dei testi dei sei brani musicati da Spohr, si è assistito ad un progressivo assottigliamento degli spettatori. Un vero peccato perché la proposta era di estremo interesse e meritava una maggiore attenzione, da parte di un pubblico pigro, che rifugge qualsiasi tipo di novità, in questo abituato male da decenni di programmazione e centinaia di concerti rivolti sempre agli stessi autori ed alle medesime musiche, soprattutto nell’ambito delle criticaclassica Alla Sala Vasari raffinato concerto liederistico del “Das Wiegentrio” stagioni cosiddette “maggiori”. Ricordiamo, infine, il bis, A Winternight su testo di William Barnes, risalente al 1989, tratto dai Tre Wintersongs dell’eclettico compositore olandese Kees Schoonenbeek (1947), con il quale il trio ha chiuso in grande stile un concerto molto particolare e raffinato.
Alla Sala Vasari il Festival di Musica da Camera di Napolinova propone un duo insolito e molto affiatato
Il Festival di Musica da Camera, organizzato dall’Associazione Napolinova, prosegue con le sue proposte inusuali ed intriganti. Questa volta ad esibirsi nella splendida Sala Vasari sono stati Guglielmo Pellarin, primo corno dell’Orchestra di Santa Cecilia, ed il pianista Federico Lovato, che hanno proposto brani composti fra l’inizio dell’Ottocento e la fine del Novecento. Il concerto è iniziato con le Due sonate in fa maggiore di Luigi Cherubini (1760-1842), seguite dalla suggestiva ballata “Castel del Monte” per corno e pianoforte di Nino Rota (1911-1979), risalente al 1974 e dedicata al castello ottagonale fatto erigere nelle Murge da Federico II di Svevia nel XIII secolo. La prima parte si è chiusa con il virtuosistico Preludio, tema e variazioni di Gioachino Rossini (1792-1868) e, dopo un breve intervallo, abbiamo ascoltato il delicato Notturno per corno e pianoforte, scritto nel 1864 da Franz Strauss (1822-1905), cornista virtuoso che dedicò numerosi brani allo strumento, noto soprattutto per essere il padre di Richard Strauss (1864-1949), autore del successivo Andante, op. postuma. Gran finale con la Sonata op. 17 in fa maggiore di Ludwig van Beethoven (1770-1827), scritta a Vienna nel 1800 (in appena due giorni, secondo quanto riportano le cronache), per il virtuoso cornista Jan Vaclav Stich, che la eseguì in duo con lo stesso compositore tedesco al pianoforte, riscuotendo un enorme successo. Per quanto riguarda gli esecutori, Guglielmo Pellarin, ha dimostrato di essere un solista di livello internazionale, che abbina nitidezza di suono ed estrema precisione, qualità che hanno entrambe conquistato i numerosissimi spettatori presenti. Non è stato da meno l’altro componente del duo, il pianista Federico Lovato, solista molto bravo, che con Pellarin ha una lunga e consolidata frequentazione, per cui il loro affiatamento risulta elevatissimo. Successo meritato e bis, rivolto ad un Intermezzo di Franz Lehár, con il quale si è chiusa una serata che ha ancora una volta confermato l’alto livello raggiunto dal Festival di Musica da Camera di Napolinova.
Davide Valluzzi apre con un ottimo recital il
XVII Festival Pianistico di Napolinova
Nella prestigiosa cornice della Cappella del Vasari, situata all’interno della chiesa di S. Anna de’ Lombardi, si è aperta la XVII edizione del Festival Pianistico, rassegna organizzata dall’Associazione Napolinova e affidata alla direzione artistica di Alfredo de Pascale. Ad aprire la rassegna è stato chiamato Davide Valluzzi, nato a Matera, ma di scuola pugliese, vincitore lo scorso anno del Premio Pianistico Internazionale “Napolinova 2012”. L’artista ha iniziato il suo recital con la Sonata in re maggiore, op. 10 n. 3 di Beethoven, appartenente ad un trittico pubblicato nel 1798 dall’editore Eder di Vienna con dedica alla contessa Anna Margarete von Browne, moglie del conte Johann von Browne, uno dei primi mecenati del grande musicista tedesco. I successivi tre pezzi La terrasse des audiences du clair de lune, Ondine e Feux d’artifice, risalenti al 1913, erano tratti dal secondo libro dei Préludes di Debussy, e costituiscono tipici esempi dell’impressionismo del compositore francese. Dopo un breve intervallo, abbiamo ascoltato la Ballata in fa minore, op. 52 di Chopin, scritta nel 1842 e dedicata alla moglie del barone Rothschild, quarta ed ultima di un genere inaugurato dall’autore polacco. Infatti precedentemente il termine “ballata”, in ambito musicale, si riferiva a pezzi dove la presenza della voce era indispensabile, in quanto strettamente legati a componimenti poetici. La tradizione, che parte da Schumann, vuole che Chopin si sia ispirato alle liriche del connazionale Adam Mickiewicz, ma mancano prove certe a sostegno di questa ipotesi. Brano conclusivo del programma, la Sonata n. 3, op. 23 in fa diesis minore di Scriabin, probabilmente la prima che rivela pienamente lo stile del musicista russo. Composta fra il 1897 ed il 1898, fu inizialmente battezzata dall’autore con l’appellativo “Gotica”, che poi venne cambiato in “Stati d’animo” per giustificare la presenza di passaggi caratterizzati da atmosfere diverse ma oltremodo suggestive. Uno sguardo ora a Davide Valluzzi, che ha confermato tutte le qualità che gli avevano permesso di vincere lo scorso anno il concorso pianistico, sintetizzabili in un tocco molto raffinato, un suono nitido, una costante ricerca dei particolari, evidenziata soprattutto nell’esecuzione dei brani del Novecento, ed una estrema versatilità. Pubblico numeroso ed entusiasta, che ha chiesto ed ottenuto uno splendido bis, consistente in un brano tratto dagli Études-Tableaux di Rachmaninov, degno completamento di un concerto che ha inaugurato nel migliore dei modi la rassegna di Napolinova.
Il Novecento del Duo Bordèl inaugura la rassegna
“Musica al Museo Filangieri”
Il primo appuntamento della rassegna “Musica al Museo Filangieri”, organizzata dall’Associazione Napolinova in collaborazione con il Museo Civico Gaetano Filangieri ha ospitato il “Duo Bordèl”, costituito da Francesco Venga (viola) e Duilio Meucci (chitarra). In programma una interessante panoramica relativa al Novecento, iniziata con i suggestivi Quatre piéces intimes di Dušan Bogdanović (1955), serbo trapiantato negli Usa, docente di Meucci. I successivi Folksongs, nella trascrizione per viola e chitarra, erano tratti dalla copiosa produzione rivolta dal britannico Benjamin Britten (1913-1976) alla musica popolare inglese, francese, scozzese ed irlandese, raccolta in otto volumi, pubblicati in tempi diversi, dei quali cinque dedicati a brani per voce e pianoforte. E’ stata poi la volta della Sonata per viola, op. 25 n. 1 di Paul Hindemith (1895-1963), pezzo di grande virtuosismo risalente al 1922, sulla cui partitura l’autore appose, prima del movimento conclusivo, la curiosa dicitura “non è importante far risaltare interamente il valore del brano”. Il recital si è quindi chiuso con Café 1930 e Night Club 1960, tempi centrali di Histoire du Tango di Ástor Piazzolla (1921-1992), composizione concepita originariamente per flauto e chitarra nel 1986, che descriveva, nei suoi quattro movimenti, l’evoluzione del tango, dagli albori ai giorni nostri. Un breve sguardo sui due interpreti, Francesco Venga e Duilio Meucci, per sottolineare la bravura e la versatilità di entrambi, abbinate ad un ottimo affiatamento derivante da una lunga consuetudine in quanto il duo si è formato cinque anni fa, ottenendo dovunque grande successo. In più, va segnalata la notevole esecuzione, da parte di Francesco Venga, della complessa e difficile sonata di Hindemith, In definitiva un concerto ricco di spunti interessanti, che ha interpretato in pieno il tema conduttore della rassegna, legato al confronto fra brani dello stesso secolo, provenienti da contesti diversi, ricordando nel contempo due anniversari, il centenario della nascita di Britten ed il cinquantenario dalla morte di Hindemith, e offrendo una visione della musica del secolo scorso che il numeroso pubblico presente, ostico per partito preso al repertorio del Novecento, ha mostrato di apprezzare molto. Prossimo appuntamento, domenica 12 maggio, con un excursus barocco, fra Venezia, Roma e Napoli, affidato al trio formato da Minni Diodati (soprano), Lena Tschinderle (flauto a becco) e Francesco Luigi Trivisano.
La rassegna “Musica al Museo Filangieri” si chiude con Gian Marco Ciampa, chitarrista molto giovane e ricco di talento
Il terzo ed ultimo appuntamento con “Musica al Museo Filangieri”, rassegna organizzata dall’Associazione Napolinova in collaborazione con il Museo Civico Gaetano Filangieri, ha ospitato il chitarrista Gian Marco Ciampa, nato a Roma nel 1990. Il musicista ha proposto un programma molto complesso, iniziando con Homenaje, “Pour le tombeau de Claude Debussy”, unico contributo alla musica per chitarra dello spagnolo Manuel de Falla (1876-1946), commissionatogli dalla rivista parigina “La Revue Musical”, che lo pubblicò nel 1920, nell’ambito di un numero commemorativo rivolto all’autore francese, morto due anni prima. Legato a Debussy da una sincera amicizia, de Falla si ispirò, per questo brevissimo brano, a “La Soirée dans Grenade”, secondo pezzo di Estampes per pianoforte. Un salto a ritroso ci ha portato nell’universo di Niccolò Paganini (1782-1840) con la complessa Grande Sonata per chitarra, composta intorno al 1804, rivolta ad uno strumento che, insieme al violino, fu molto valorizzato dal criticaclassica La rassegna “Musica al Museo Filangieri” si chiude con Gian Marco C... grande autore genovese. E’ stata poi la volta di Confesión del paraguaiano Agustín Barrios (1885-1944), una figura leggendaria di grande virtuoso, che ha lasciato numerose testimonianze discografiche ed era noto anche per la sua estrosità in quanto si esibiva spesso vestito con un costume tipico della tribù guaraní, facendosi chiamare Mangoré (dal nome di un capo indio). Il successivo Capriccio diabolico op. 85a, apparteneva alla produzione di Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968), fiorentino di origini ebraiche, che fuggì negli USA all’indomani della promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fascista. Il lavoro, dedicato ad Andrés Segovia, risale al 1935 e rappresenta, come si può comprendere dal titolo, un omaggio a Paganini. Chiusura con la Sonata per chitarra del cubano Leo Brouwer (1939), brano datato 1990, composto per Julian Bream, che si divide in tre tempi, Fandangos y boleros, Sarabanda de Scriabin, Toccata de Pasquini, in cui l’autore, partendo dai temi legati ad ognuno dei movimenti, dà spazio alla sua fantasia per costruire un pezzo in chiave decisamente moderna. Per quanto riguarda l’interprete, Gian Marco Ciampa ha evidenziato una notevole tecnica, che gli permette di eseguire con facilità quasi disarmante anche i pezzi più complessi, abbinando una sensibilità raffinatissima ed una ricerca del particolare, qualità queste riscontrabili solo nei talenti naturali. Ascoltandolo si ha l’impressione che qualsiasi motivo, affidato a lui, possa acquistare una veste nuova e prestigiosa, come si è potuto ricavare dal raffinatissimo bis, rivolto a “Roma nun fa’ la stupida stasera” di ArmandoTrovajoli, in una sapiente trascrizione del maestro Bruno Battisti D’Amario, proposto ad un pubblico numeroso e visibilmente soddisfatto. Si chiude, quindi, nel migliore dei modi, una rassegna che ha ottenuto riscontri molto positivi sia per gli interpreti che si sono succeduti, tutti bravi e molto giovani, sia per quanto concerne la numerosità degli spettatori. I ringraziamenti conclusivi vanno perciò all’Associazione Napolinova, nella figura del suo direttore artistico Alfredo de Pascale, capace ancora una volta di proporre un connubio vincente fra arte e musica, che ci auguriamo possa proseguire in modo costante.
Un esperto duo pianistico alla Sala Chopin
Il recente appuntamento con i “Pomeriggi in Concerto alla Sala Chopin”, rassegna organizzata dall’Associazione Napolinova, ha ospitato il duo pianistico costituito da Francesca Bellocchio e Anna Longobardi. Primo brano in programma, Six morceaux, op. 11, lavoro giovanile poco noto di Sergej Rachmaninov (1873-1943) risalente al 1894, dove sono presenti diversi echi della tradizione popolare russa, come nel movimento conclusivo, basato su un antico canto liturgico ortodosso, utilizzato anche da Mussorgsky nel Boris Godunov. A seguire è stato proposto il primo volume delle Danze Ungheresi di Johannes Brahms (1833-1897), tratte dalla raccolta di ventuno brani, completata dal compositore tedesco nel 1869 e pubblicata, in parte lo stesso anno, in parte nel 1880. La loro fama è però principalmente legata alle versioni orchestrali di alcune delle 21 danze, curate da Brahms e da altri autori, che ancora oggi riscuotono un enorme successo ed hanno finito per relegare nel dimenticatoio i pezzi originali. Conclusione con la Tarantella in sol minore, op. 14 di Nikolai Rubinstein (1835-1881), fratello del pianista, compositore e direttore d’orchestra Anton, passato alla storia soprattutto per aver definito “ineseguibile” il Concerto per pianoforte ed orchestra n. 1 dell’amico Ciaikovskij, dopo che quest’ultimo, intenzionato ad affidargli la “prima”, gli aveva sottoposto la partitura. Uno sguardo ora alle due interpreti, Francesca Bellocchio e Anna Longobardi, che hanno mostrato un ottimo affiatamento, frutto di una lunga e consolidata frequentazione, creando le giuste atmosfere e proponendo un programma molto interessante, rivolto nel complesso a brani scarsamente eseguito anche da chi affronta questo particolare repertorio. Pubblico numeroso e abbastanza composto, a parte qualche eccezione, e giustamente soddisfatto per un concerto sicuramente diverso dal solito. In conclusione si può affermare che, grazie alla lungimiranza del maestro Alfredo de Pascale, direttore artistico di Napolinova, la rassegna “Pomeriggi in Concerto alla Sala Chopin”, concepita per dare visibilità ai giovani talenti, quest’anno ha allargato i propri orizzonti, senza venir meno all’obiettivo di partenza, ponendo in evidenza artisti molto bravi, che meriterebbero di essere maggiormente valorizzati.
Un pianista giovanissimo e versatile alla Sala Chopin
Il recente appuntamento con i “Pomeriggi in Concerto alla Sala Chopin” ha avuto come ospite il pianista Fabio Maggio, classe 1992, attualmente allievo di Mario Coppola e Lino Costagliola. Vario e complesso il programma proposto, apertosi con la Sonata in fa maggiore Hob XVI:23, appartenente ad una raccolta di Sei sonate che Haydn dedicò nel 1774 al principe Esterházy, suo “datore di lavoro”. Il successivo Rondo alla ingharese, quasi un capriccio in sol maggiore, op. 129 a dispetto del numero d’opera elevato, rappresenta un lavoro giovanile di Beethoven, scritto fra il 1795 ed il 1798 e mai terminato, pubblicato da Diabelli nel 1828. Il titolo completo fu apposto dall’autore per indicare una sorta di incrocio fra i ritmi gitani (alla zingarese) e quelli ungheresi (alla ongarese), mentre l’altro appellativo, con il quale è più noto il pezzo, ovvero “Rabbia per il soldo perduto” sembra sia opera dell’amico Anton Schindler. Dopo un breve intervallo, è stata la volta della Fantasia in si minore, op. 28 di Scriabin, brano del 1900, caratterizzato da un intenso romanticismo e notevoli difficoltà esecutiva. Uno sguardo, poi, sul repertorio chopiniano, con la Fantasia in fa minore, op. 49 (1841), dedicata dal compositore polacco alla principessa Catherine de Souzzo, sua allieva. Ad onta del nome scelto dal musicista, il lavoro presenta una struttura solida e compatta, discostandosi nettamente dai brani compresi in questo genere. Gran finale con la virtuosistica Tarantella di Liszt, ricca di reminiscenze partenopee, tratta da “Venezia e Napoli”, supplemento al secondo anno de “Les Années de pèlerinage”, raccolta pubblicata nel 1861. Per quanto riguarda Fabio Maggio, che già avevamo apprezzato in una precedente esibizione, si è dimostrato, anche in questa occasione, un pianista versatile e molto sicuro, fornendo un’ottima interpretazione di tutti i brani. Pubblico numeroso ed entusiasta che ha chiesto ed ottenuto un bis, rivolto alla produzione di Chopin, con il quale si è concluso un recital che ha confermato, ancora una volta, la validità della rassegna organizzata dall’Associazione Napolinova.
Un duo di assoluto valore ai “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova
Nuovo appuntamento, al Museo Archeologico Nazionale, con l’edizione estiva dei “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova, affidata alla direzione artistica del maestro Alfredo de Pascale. Questa volta la rassegna ha ospitato il “Duo Souvenir”, costituito da Carla Senese (mandolino) e Riccardo Del Prete (chitarra), che ha proposto una serie di brani incentrati sul repertorio mandolinistico. Proprio l’attuale stato dell’arte relativo a tale strumento è stato il tema della conversazione fra Alfredo de Pascale e Carla Senese, che ha preceduto il concerto. Durante questo breve prologo è emerso che il mandolino, fra i principali luoghi comuni con i quali si soleva identificare Napoli, ha oggi una diffusione mondiale, in termini di esecutori e liutai, e da molti anni non rappresenta più, come tante altre cose, un’esclusiva eccellenza partenopea. In più, anche la produzione non è ferma, ma ha trovato nuova linfa per cui, insieme al leggendario compositore, solista e liutaio Raffaele Calace (1863-1934), all’italo-americano Joseph Sgallari (1868-1926) e all’immancabile Piazzolla, il “Duo Souvenir” ha portato all’attenzione del pubblico brani di musicisti contemporanei, come la Danse Bulgare n. 2 del francese Claude Engel e Pompeya, dell’argentino Máximo Diego Pujol. Non è mancata l’ampia pagina rivolta ad autori campani, rappresentata da Ron y Cola di Luca Iacono, la Fantasia n. 5, dedicata al duo da Antonio Grande, Tango di Luciano Accarino e Cançao pra Dora, nell’arrangiamento di Del Prete, appartenente al repertorio di Gianni Palazzo, eseguita come splendido bis. Il programma, di estrema piacevolezza, ha contribuito a far emergere un duo di grande spessore e molto versatile dove la parte del leone era riservata al mandolino della bravissima Carla Senese, il cui suono, nitido e preciso, si è esteso in tutta la sala, ma anche Riccardo Del Prete, con la chitarra, ha dimostrato tutta la sua abilità. Naturalmente, ma ormai è quasi inutile sottolinearlo, la nota negativa è arrivata dal pubblico, accorso numerosissimo nonostante il caldo infernale. Questo, se da un lato fa certamente onore a tutti i convenuti, dall’altro solleva interrogativi e perplessità sulle effettive intenzioni di chi viene ad assistere a questi eventi artistici, se durante tutto il tempo discorre con l’amica (o il marito o chi per lui). Ci viene spesso da pensare che, una parte degli spettatori, sia lì solo per trascorrere un pomeriggio domenicale diverso dal solito, senza curarsi di coloro i quali vorrebbero veramente seguire il concerto. Un esempio lampante al proposito, è legato al problema dell’aerazione, che risulta sicuramente indispensabile in giornate come queste, considerando anche la mancanza totale di condizionamento, ma che non può essere risolto aprendo e chiudendo il ventaglio continuamente, con inaudita violenza e brandendolo quasi fosse unaclava, come fanno alcune “distintissime” rappresentanti del gentil sesso. I “Pomeriggi in Concerto” proseguiranno, venerdì 20 e sabato 21 luglio, con gli allievi del Master internazionale tenuto dal celebre pianista Antonio Pompa-Baldi, che fornirà anch’egli un saggio della sua bravura.
Il chitarrista Matteo Catalano apre la stagione 2012 dei
Giovani pianisti da tutto il mondo ai
“Pomeriggi in Concerto” di Napolinova
Sono stati gli allievi del Master Internazionale di Pianoforte, tenuto da Antonio Pompa-Baldi, i protagonisti del recente appuntamento con i “Pomeriggi in Concerto”, organizzati dall’associazione Napolinova al Museo Archeologico Nazionale, sotto la direzione artistica di Alfredo de Pascale. Evento sempre molto atteso per la qualità dei partecipanti, il Master offre la possibilità di apprezzare, nel saggio conclusivo, giovani pianisti giunti da ogni parte del mondo. Quest’anno la manifestazione, divisa in due giorni, è stata impreziosita dall’esibizione del docente in persona, solista di fama internazionale, nativo di Foggia e trapiantato da molto tempo negli USA, dove insegna al Cleveland Institute of Music. All’insegna di Chopin il programma del primo giorno, apertosi con la Sonata n. 2 in si bemolle minore, op. 35, eseguita con grande trasporto ed intensità da Antonio Pompa-Baldi, alla quale ha fatto seguito la Barcarola, op. 60 in fa diesis maggiore, interpretata dalla cinese July Yang. Si è poi passati a Brahms con tre dei Sei Klavierstücke, op. 118, suonati dal molisano Enzo Oliva, per ritornare all’autore polacco con l’Andante spianato e polacca brillante in mi bemolle maggiore, op. 22 della svizzera Anna Lisa Giordano, che ha chiuso in bellezza questa prima parte. Il secondo giorno è stata la napoletana Francesca Testa ad aprire il concerto con il movimento iniziale della Sonata n. 32 in do minore, op. 111 di Beethoven, mentre il coreano Moo Hyun Choo si è confrontato con le due Rapsodie, op. 79 di Brahms. E’ toccato quindi allo statunitense Colby Charnin, che ha eseguito i primi due movimenti della Sonata n. 3, op. 58 in si minore di Chopin, ed infine la diciassettenne indonesiana Aileen Gozali ha chiuso il recital con il primo e l’ultimo tempo della Sonata op. 2, n. 3 in do maggiore di Beethoven. Il livello dei pianisti è risultato, come ogni anno, elevato, grazie al loro valore ed alla bravura del docente, che questa volta ha offerto anche un saggio della sua abilità interpretativa. Va ancora sottolineato come la differente provenienza degli allievi indichi un interesse nei confronti del pianoforte ormai senza confini e, a sostegno di tale affermazione, va segnalata la ragazza indonesiana, che ha evidenziato uno straordinario talento. Pubblico numeroso che, a prescindere dai soliti problemi (come ad esempio uno squillo di cellulare nel bel mezzo della marcia funebre della sonata chopiniana), va comunque elogiato per la sua costanza e per aver sfidato il caldo infernale. I “Pomeriggi in Concerto” chiuderanno sabato 28 luglio con il consueto appuntamento dedicato alla lirica, che avrà come protagonisti Delfo Menicucci ed i partecipanti al suo Master Internazionale di Tecnica Vocale.
Il duo formato da Fabrizio Falasca e Gianluigi Giglio entusiasma il pubblico dei “Pomeriggi in Concerto al Museo Archeologico”
Passato alla storia come virtuoso del violino, Niccolò Paganini (1752-1840) fu anche un affermato chitarrista e scrisse numerosi pezzi per tale strumento (solo o accompagnato da un ridotto organico), a cominciare dai primi anni dell’Ottocento, quando era a Lucca al servizio di Elisa Bonaparte Baciocchi, principessa di Lucca e Piombino. Gran parte di questi brani vennero in seguito offuscati dalla produzione violinistica ma, ad uno studio attento, si può affermare che Paganini anticipò autori a lui contemporanei, come ad esempio Mauro Giuliani, oggi considerato fra gli assoluti protagonisti della letteratura chitarristica. Questo lato poco noto della produzione paganiniana è stato al centro del primo appuntamento con i “Pomeriggi in Concerto al Museo Archeologico”, rassegna giunta alla XII edizione e organizzata dall’Associazione Napolinova, sotto la direzione del maestro Alfredo de Pascale. Ospiti del concerto Fabrizio Falasca, giovanissimo e talentuoso violinista e Gianluigi Giglio, chitarrista bravo ed affermato, che hanno proposto una prima parte dedicata alle quattro sonate iniziali, per violino e chitarra, contenute nell’op. 64, rispettivamente in la minore, in re maggiore, in do maggiore e in la maggiore. La raccolta, datata intorno al 1828, comprende in totale 18 brani e risulta più nota con l’appellativo di “Centone di Sonate” che, nella recente classificazione, corrisponde a M.S. 112 (dove M e S corrispondono alle iniziali delle due curatrici del catalogo, Maria Rosaria Moretti e Anna Sorrento). Il programma si completava con due brani legati al periodo lucchese, la Sonata in mi minore, op. 3 n. 6 M.S. 27, ultima di un gruppo di sei Sonate dedicate “Alla ragazza Eleonora”, che probabilmente Paganini conobbe e frequentò durante il suo soggiorno toscano e la Sonata concertata in la maggiore, op. 61 M.S. 2 (1804). In complesso il repertorio proposto era molto piacevole e i due interpreti sono apparsi molto ben assortiti, in quanto Fabrizio Falasca, al quale era affidata la parte di maggior evidenza, ha fornito il suo apporto di giovanissimo e trascinante esecutore, mentre Gianluigi Giglio, dall’alto della sua grande esperienza, ha ricoperto il ruolo di pacato accompagnatore, caratterizzato da minore visibilità, ma non per questo meno impegnativo, il tutto impreziosito da un ottimo affiatamento. Pubblico numerosissimo e quasi in delirio, che ha acclamato a lungo i due protagonisti, accomiatatisi con due bis, naturalmente paganiniani, il Cantabile in re maggiore, op. 17 e il Rondo, precedentemente eseguito, dalla Sonata in la maggiore, op. 64, con i quali si è concluso un concerto di altissimo livello, che ha inaugurato nel migliore dei modi la rassegna estiva di Napolinova. Prossimo appuntamento, doppio, sabato 13 e domenica 14 luglio, con i partecipanti al master di violoncello, tenuto da Ilie Ionescu, che sicuramente riserverà altre piacevoli sorprese.
I “Pomeriggi in Concerto al Museo Nazionale” chiudono con gli allievi del master internazionale del pianista Antonio Pompa-Baldi
L’ultimo appuntamento della lunga ed intensa stagione dell’Associazione Napolinova, tenutosi al Museo Archeologico Nazionale, ha avuto come protagonisti gli allievi del master di Antonio Pompa-Baldi, foggiano trapiantato da molti anni in Usa, in quanto chiamato dal Cleveland Institute of Music a ricoprire, “per chiara fama”, il ruolo di Distinguished Professor of Piano. Sei i pianisti che si sono succeduti, a partire dai fratelli Luciano e Daniele Boidi, provenienti da Treviso. Il primo ha proposto una Sonata di Domenico Scarlatti, il movimento di apertura della giovanile Sonata in mi bemolle maggiore, op. 7 di Beethoven e lo Studio in si minore op. 25, n. 10 di Chopin, mentre il secondo si è confrontato con la Ballata in fa maggiore op. 38, n. 2, sempre dell’autore polacco, e con Feux d’artifice, brano conclusivo del secondo libro dei Préludes di Debussy, completato nel 1913, dove l’autore inserì anche alcune note dell’inno nazionale francese. Terzo ed ultimo italiano, il calabrese Gianmarco Manfredi, che ha interpretato la Partita n. 2 in do minore BWV 826, appartenente ad un gruppo di sei, scritte da Bach a Lipsia fra il 1726 ed il 1730, ed inserite nella prima parte del Clavier-Übung (Esercizi per la tastiera). E’ stata poi la volta della brasiliana Daniele Espíndola (in Brasile il nome Daniele è utilizzato sia per gli uomini che per le donne, come da noi Andrea), che ha eseguito Funérailles di Liszt, tratto dal ciclo Harmonies poétiques et religieuses e dedicato agli sfortunati eroi della rivolta anti-asburgica scoppiata in Ungheria nel 1848 e repressa l’anno successivo. L’altro brasiliano, Silas Barbosa, si è invece cimentato con la parte iniziale del Carnevale di Vienna, op. 26 che Schumann compose nel 1839, quasi un seguito del Carnaval, op. 9 creato cinque anni prima. Il concerto si è concluso con la georgiana Ketevan Sharumashvili, che ha eseguito la Fantasia in si minore op. 28 di Scriabin, risalente al 1900, che abbina elevate difficoltà tecniche e temi romantici. Come si può comprendere, nel suo complesso il programma proposto era quanto mai vario, spaziando da Bach a Scriabin, e tutti i giovani pianisti hanno evidenziato bravura e grande intensità, grazie all’interazione fra il talento di ognuno e le indicazioni ed i consigli di un maestro esperto come Antonio Pompa-Baldi. A questo aggiungiamo una fatica supplementare legata ad un pomeriggio veramente caldissimo e, a tal proposito, non possiamo fare a meno di elogiare, una volta tanto, anche il pubblico, giunto numeroso, a dispetto di condizioni meteorologiche davvero proibitive, considerando anche l’elevata età media degli spettatori. Non ci resta che chiudere, ringraziando per l’ennesima volta Alfredo de Pascale, direttore artistico dell’Associazione Napolinova, che è riuscito a proporre, lungo l’intero arco della stagione, una serie di iniziative musicali di alto profilo, tutte gratuite e in luoghi spesso di grande prestigio (come la Sala Vasari della chiesa di S. Anna de’ Lombardi e, naturalmente, il Museo Archeologico Nazionale), nonostante la penuria di fondi a disposizione. L’augurio conclusivo è che le diverse rassegne da lui organizzate, possano non solo proseguire, ma ottenere qualche appoggio economico ed essere seguite anche da un pubblico un po’ più giovane.
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